venerdì 7 agosto 2015

La critica letteraria: questione di gusti?

Mi sembra che troppo spesso si faccia confusione tra la critica oggettiva di un'opera e la personale opinione o il proprio gradimento in merito. 
 Bisogna prima fare un distinguo. 
 I gusti son gusti e fin qui non ci piove. Perciò se noi dovessimo giudicare un'opera in base al gusto, la critica non avrebbe senso di esistere perché ognuno potrebbe dire la sua, o al massimo non sarebbe altro che una classifica di "mi piace". 
 La critica invece, per essere tale, deve basarsi su criteri quanto più possibile OGGETTIVI (siamo umani, un minimo di soggettività è sempre implicita in qualsiasi giudizio) ma anche - attenzione! - CONDIVISI! Ovvero, seppur esistono i criteri di giudizio, questi non sono rigidi perché in letteratura sono più che altro CONVENZIONI. Che significa? Che CAMBIANO, sono influenzati dalla cultura e dal contesto storico (questo per dire che la letteratura NON è una scienza esatta, perciò i paragoni con le metodologie delle scienze naturali sono inappropriati). 
 Faccio un esempio: nell'Ottocento scrivere lunghissime descrizioni superflue e minuziose di ambienti o dissertazioni filosofiche all'interno di un romanzo (vedi Victor Hugo), oppure riportare lunghissimi discorsi indiretti, era considerata la norma; attualmente nessuna CE pubblicherebbe romanzi scritti in tale modo, perché considerati desueti. La letteratura è un linguaggio e come questo si evolve: se qualcuno di noi si mettesse a parlare come Manzoni sarebbe considerato ridicolo.
 Viceversa ad esempio è stato sdoganato il linguaggio volgare, perciò nessuno si scompone più davanti a parolacce scritte, mentre anni fa sarebbe stato inammissibile trovare la scritta "cazzo" in un libro! 
 Tutta questa pappardella per dire in sintesi che: se è pur vero che esistono criteri per giudicare il "valore" di un'opera, questo è comunque RELATIVO a un'epoca e a un contesto culturale; perciò ergersi a detentori assoluti del VALORE di un'opera è comunque PRESUNTUOSO e PRETENZIOSO; visto che comunque i CRITERI li definiamo noi e non ci sono dati per scienza infusa divina! (Lo stesso Shakespeare è stato rivalutato dopo il '700 se non erro, prima era snobbato e considerato robaccia) 
 Data la premessa, ecco le conseguenze di queste mie elucubrazioni: 
 - un buon critico dev'essere capace a fare un distinguo tra gusto personale e giudizio obiettivo; 
 - i criteri con cui saranno giudicate le opere vanno specificati. 
 Risulta ora chiara l'introduzione ai miei due prossimi post: dapprima spiegherò i criteri con cui procederò ad analizzare le opere letterarie, poi - per chi vuole entrare nel vivo dell'azione - farò la mia prima recensione di un libro che prendo spesso ad esempio proprio perché l'emblema di un romanzo che mi è piaciuto un sacco, l'ho divorato, ma ho notato comunque dei palesi difetti, non all'altezza di un autore quale è Stephen King (che io invece adoro!): si tratta di La bambina che amava Tom Gordon. Questo per esemplificare il concetto di ciò che intendo per scindere i gusti personali dalla valutazione oggettiva. Invece per la serie "E' bello ma non mi piace" ho pensato a Perdido street station di China Mieville.

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